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Un po’ di storia. La sede: un’architettura razionalista

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Il Razionalismo

La critica ha parlato a proposito dell’opera dell’architetto Manfredini di Razionalismo maturo. Infatti negli anni del suo periodo milanese, l’architetto ha avuto modo di confrontarsi con protagonisti del cosiddetto Razionalismo italiano. Si tratta di quella corrente architettonica sviluppata in Italia tra gli anni venti e trenta del XX secolo che, in collegamento con il Movimento Moderno internazionale, voleva un’architettura “nuova”, che prendesse atto dell’esistenza di nuove tecnologie, come il cemento armato, e che partecipasse alla costruzione di una nuova comunità, legata allo sviluppo della società industriale. Lo stile razionalista si caratterizza per l'eliminazione degli apparati decorativi, la semplificazione delle forme verso volumi puri, l'utilizzo di colori primari, con dominante del bianco, e l'uso di materiali economici, come il cemento armato, il vetro e l'acciaio. Elemento comune era la riduzione della forma ad una essenzialità al quale corrispondesse la massima funzionalità e l’utilizzo di oggetti industriali, caratterizzati dalla standardizzazione e dalla riproducibilità.

Nella sua introduzione a “Vers une Architecture”, pubblicato nel 1923, significativamente intitolata Architecture ou Revolution, Le Corbusier, pseudonimo di Charles Edouard Jeanneret, uno dei protagonisti (accanto a Ludwig Mies van der Rohe e Walter Gropius) del Movimento Moderno internazionale scriveva: “Da quando la storia dell’architettura si è lentamente dipanata attraverso i secoli secondo le modalità di organismo e decorazione, negli ultimi cinquant’anni il ferro ed il cemento hanno favorito nuove conquiste che hanno permesso di sconvolgere profondamente l’architettura … Una grande epoca sta cominciando: il existe un esprit nouveau”.

Queste idee formali e costruttive sono ben evidenti nell’architettura del Seminario di Reggio Emilia. Il limpido impianto razionalista è leggibile nello schema dei percorsi e collegamenti interni: mentre il percorso generale di accesso è assiale in posizione baricentrica di ogni intera ala, i percorsi di distribuzione verticale fra le diverse funzioni sono posti in posizione baricentrica di ogni metà ala, con riverberazione dello schema nel disegno del verde delle due corti interne. Le ampie vetrate affacciano sullo spazio verde interno, restituendo l’immagine di un chiostro interpretato con un linguaggio moderno e caratterizzato dalla semplicità nell’uso dei materiali, rivalutando la tradizione del buon costruire.

Si tratta dunque di un’architettura rigorosa, d’impronta limpida e cristallina, dove tecnica e forma coincidono felicemente in uno spazio che restituisce l’intensità della funzione senza retorica. Nell’opera trova piena realizzazione anche un’altra esigenza dell’architettura razionalista, il voler realizzare opere “senza tempo”, opere classiche, ma non con riferimento a un determinato periodo storico, rinascimentale o altro. Si afferma una classicità in senso atemporale, come la volontà di cercare un ordine, una misura, una modulazione che rendono le forme architettoniche chiaramente percettibili alla luce del sole e coerenti tra loro, cioè parti di una stessa unità.

Tali obiettivi sono pienamente raggiunti dal Seminario di Reggio Emilia, in grado oggi di accogliere funzioni diverse da quelle che l’avevano caratterizzato in origine, ma anche di porsi a livello estetico come spazio contemporaneo vicino al nostro uso e alla nostra sensibilità.

L’architetto Enea Manfredini (1916 - 2008)

Nato a Reggio Emilia nel 1916, Enea Manfredini si laurea in Architettura, nel 1940, al Politecnico di Milano. Ancora studente entra in contatto con il gruppo di architetti riunito intorno a Giuseppe Pagano, tra cui Franco Albini, Piero Bottoni, Ignazio Gardella ed Ernesto Nathan Rogers.
Gli esordi di Manfredini sono legati alla cultura figurativa del razionalismo: dal 1943 ha l'occasione di collaborare con Albini, in particolare al cantiere degli uffici INA di Parma (1950-54). Al progetto per il Seminario Vescovile della sua città (1946-1950), che è certamente una delle sue opere più importanti, seguiranno altre realizzazioni. In particolare, per quanto riguarda le opere del nostro territorio ricordiamo l'asilo di Aiola del 1952, la Chiesa della Vecchia del 1953, il quartiere Rosta Nuova per INA Casa del 1956, progettato insieme a Franco Albini, uno dei protagonisti della cultura del razionalismo italiano e poi, nei decenni successivi la Chiesa del Buon Pastore del 1970, il quartiere “Betulla 21”, il cimitero di Coviolo del 1980.

La sua opera più nota in città è senz’altro l’Ospedale Santa Maria Nuova, cui si dedica per tutto l’arco della sua vita (muore nel 2008): un primo progetto dell’ospedale del 1945, lasciato incompiuto nel 1950, viene completato a partire dal 1955; nel 1962 si costruisce la cappella, mentre durante gli anni '80, vengono aggiunti il servizio di Radioterapia e Medicina nucleare e i nuovi
Poliambulatori.

L’intitolazione della sede a mons. Gilberto Baroni. Biografia

Gilberto Baroni è stato un vescovo cattolico italiano. Nasce a Gherghenzano, frazione del comune di San Giorgio di Piano (Bologna), il 23 luglio 1913. È cugino dell'arcivescovo Agostino Baroni. Studia Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Il 18 ottobre 1935 è ordinato presbitero, nel santuario della Madonna di San Luca, dal cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano, allora arcivescovo di Bologna.
Dopo molti incarichi in Curia, è pro-vicario generale, dal 1950 al 1952; dal 1952 al 1954 è vicario generale dell'arcidiocesi. Il 4 dicembre 1954 papa Pio XII lo nomina vescovo titolare di Tagaste e ausiliare di Bologna. Il 27 dicembre seguente riceve l'ordinazione episcopale dal cardinale Giacomo Lercaro, coconsacranti i vescovi Raffaele Baratta e Danio Bolognini.
In quanto vescovo partecipa, come padre conciliare, a tutte e quattro le sessioni del Concilio Vaticano II dal 1962 al 1965. Il 30 maggio 1963 è nominato da papa Giovanni XXIII vescovo di Albenga.
Il 27 marzo 1965 viene trasferito da papa Paolo VI alla diocesi di Reggio Emilia. Il 10 febbraio 1973 diviene anche vescovo della diocesi di Guastalla, di cui è già amministratore apostolico dal 1970, dopo la morte del vescovo Angelo Zambarbieri. Il 30 settembre 1986, all'unione giuridica delle due diocesi, diventa il primo vescovo di Reggio Emilia-Guastalla.
L'11 luglio 1989 papa Giovanni Paolo II accoglie la sua rinuncia, presentata per raggiunti limiti di età. Muore il 14 marzo 1999 a Bologna, all'età di 85 anni. Dopo i funerali, svoltisi nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Reggio Emilia, viene sepolto nella sottostante cripta.

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